Life on Mars ha rotto il paradigma, ha alzato il livello della mia cucina. Il suono dei dischi di David, ormai hanno monopolizzato la playlist del ristorante. Dopo trent’anni trascorsi a essere considerato il cuoco del tortellino, ero diventato il cuoco di David Bowie, senza che lui avesse mai assaggiato nulla!
Quando entravo all’Osteria di Via Obici un baffuto chitarrista di nome Luciano intonava Space Oddity, io sorridevo compiacente e ne cantavo le prime strofe: “Ground control to Major Tom \ Take your protein pills and put your helmet on”.
Un caro amico sfogliando un giornale aveva trovato una foto nella quale il Duca mi assomigliava molto ed egli non aveva resistito allo strappare quella pagina e portarmela, anche perchè il titolo dell’articolo introduceva ad argomenti per quegli anni sessualmente risibili.
Questo per dire che i conti con David Bowie ho imparato a farli molto presto in quanto spesso gli venivo associato per la somiglianza, che in giovane età e nervosa magrezza era sicuramente più evidente, piuttosto che per i miei gusti musicali e per via di quel mezzo cantante-chitarrista che ero.
Certo mi piaceva, anche perchè il personaggio, così come la sua musica è di quelli che mettono d’accordo un po’ tutti: eclettico, camaleontico, elegantissimo, tecnicamente ineccepibile. E mi piaceva il suo gettarsi nelle cose, nei generi musicali che non gli appartenevano, nel cinema, nella moda, senza paura di essere giudicato, sperando addirittura di essere frainteso. In questo si che lo trovavo molto somigliante a me stesso.
Il Bowie musicista che conoscevo io punkettone degli anni 80, era invece quello dei dischi usciti in quel periodo: “Let’s Dance” e “Tonight” ovvero il suo disco più venduto in assoluto e quello a mio avviso più sottovalutato. Appresi della sua morte la mattina stessa, mentre guidavo verso Ferrara per una giornata di festa con mia moglie. Fu una notizia sconvolgente, veramente dura da digerire. Appresa tra l’altro per radio, una radio minore di cui nemmeno ricordo il nome e riportata da un dj che non sapeva di chi stesse parlando. Forse fu questa la cosa che mi diede più fastidio ed innescò in me una serie di riflessioni profonde: la sproporzione che c’era tra la grandezza e l’importanza storica dell’uomo Bowie e la volgarità, la sufficienza con la quale stavano trattando la sua scomparsa alla radio.
Ho voluto così, portare David in cucina.
Eccomi allora a setacciare titoli di canzoni, ascoltare lati B, visualizzare filmati su YouTube alla ricerca di un aggancio, di un’idea, di una soluzione. E, come spesso accade, ciò che cerchiamo lo abbiamo sotto gli occhi: Life on Mars è forse la canzone più bella mai scritta dal Duca Bianco, forse non la più famosa ma quasi; il Mars, il famosissimo snack al cioccolato ha appena fatto parlare di sè in numerosi paesi del mondo. E’ anche talmente pop e talmente forte l’immagine che in un attimo mi si stampa nella mente ovvero la barretta con il fulmine sopra che immediatamente cancello ogni altra possibile opzione: devo riuscire a realizzare lo snack.
Chi di mestiere fa il cuoco sa che c’è un’ulteriore complicazione che riguarda non solo il sapore e l’aspetto di ciò che intendiamo preparare, ma anche la gestione, la conservazione e la possibilità di riprodurre in serie la nostra creazione. Nel caso di Life on Mars per esempio vi dico che utilizzo 5 diverse basi di cioccolato che vanno gestite a temperature diverse che vanno dai -18° ai + 55°, poi si conserva per due settimane a 15 gradi: insomma non si tratta esattamente una passeggiata.
Il Mars è un prodotto industriale e volevo che avesse le caratteristiche visive appartenenti a quel mondo, doveva essere perfetto, sembrare fatto a macchina. La copertura, che doveva essere la fase più scolastica, si rivelò anch’essa complessa in quanto il cuore della barretta deve essere portato a -18° ed il cioccolato fuso e colato è molto sensibile agli sbalzi di temperatura. Prove su prove per riuscire ad evitare l’effetto condensa, la striatura, lo sbiancamento. Ogni volta che vedevo Bowie sul giornale m’innervosivo e nel contempo l’immagine che avevo scelto si rafforzava giorno dopo giorno fino a diventare il simbolo iconografico del Duca Bianco. Fino a quel momento infatti il “fulmine” che squarcia il volto di David era ancora la copertina del suo album Aladdin Sane e non il brand internazionale di ogni ammennicolo a lui riconducibile.
Poi il cerchio si chiude e finalmente arriva l’annuncio del lancio dopo i confortanti pareri degli esperti, una serata di musica, il CD con il mio volto truccato e l’agognata barretta di cioccolato. Oggi il dolce Life on Mars è disponibile ed apprezzato: resta un prodotto artigianale anche perchè concepito con le strumentazioni insufficienti di un ristorante e non di un laboratorio di pasticceria, ma incarna perfettamente quell’animo pop e industry che volevo ottenere.
La tanto acclamata ricerca dei sapori dell’infanzia è invece una di quelle trovate che servono a riempire le pagine dei mensili di cucina: la generazione che precede la mia era cresciuta nel dopoguerra a polenta e aringa affumicata. Resta il fatto che indagare nel mondo della cucina industriale per scovare preparazioni da riportare nel mondo gourmet è una pratica che mi incuriosisce: dietro alle creazioni seriali si nascondono approfonditi studi sul gusto confortevole ed universale. Per citare un piatto famosissimo che ha seguito lo stesso percorso creativo basta fare 15 chilometri verso Nord-Ovest e andare all’Osteria Francescana dove il Croccantino (Magnum) di Fois Gras è diventato uno dei must del ristorante migliore al mondo.
La storia di Life on Mars però non è finita qui, perchè la mia paura più grande era che una volta sviluppato e inserito in un menù di stampo tradizionale come quello de La Lumira, si sarebbe spento in uno scampolo d’inverno. Invece succede che da Luglio a Novembre 2016 a Bologna sia allestita al Mambo (Museo Internazionale d’arte moderna) la mostra intitolata “David Bowie is”, proveniente da Londra per quella che si preannuncia essere l’ultima tappa europea per questa fantastica esposizione di tutto ciò che riguarda il mondo dell’artista.
Quando mi proposero di presenziare per raccontare la storia della mia barretta e farla assaggiare agli invitati, solo dopo aver riattaccato il telefono realizzai che stavo per presentare un mio piatto in un museo d’arte: ero al settimo cielo, nessun ostacolo, nessuna fatica avrebbe potuto fermarmi.
Condivisi il palco con la band di Morgan e Rudy Zerbi. Forse anche grazie al volume del mio microfono riuscii ad avere la loro attenzione ed ebbi pure un discreto successo: il ciclo di Life on Mars non poteva chiudersi in maniera migliore.
Non restava che riportarlo a casa, il mio mars. Ristampai il menù dei dolci eliminando quasi tutti i classici della tradizione, affiancandolo a piatti più creativi e allusivi come appunto “Sotto la neve pane”, “Cima Zarri”, “Italiani Mango!”. E mentre rovistavo in questa vena creativa, senza rendermi conto Life on mars aveva rotto il paradigma, aveva alzato il livello dello scontro e la mia personale visione della cucina reclamava il suo spazio a suon di consensi, anzi al suono dei dischi di David, che ormai avevano monopolizzato la playlist del ristorante. Dopo trent’anni trascorsi essendo considerato il cuoco del tortellino ero diventato in un attimo il cuoco di David Bowie, senza che lui avesse mai assaggiato nulla!