Dopo anni spesi in lotte tra denominazioni e disciplinari, l’aceto balsamico sembra essere stato dimenticato dai gourmet e compare soltanto nei ristoranti turistici e popolari. Salvo chiaramente qualche eccezione.
Escludendo le due province produttive, ovvero Modena e Reggio Emilia capita ormai raramente di trovare piatti gourmet dove l’aceto balsamico tradizionale sia citato tra gli ingredienti. Quasi mai è protagonista del piatto e i gourmet si sono abituati a farne a meno.
Davanti a questi fenomeni di controtendenza ci si interroga sul motivo che ha generato questo atteggiamento di snobbismo da parte di cuochi ed appassionati perchè limitarsi ad incolpare il costo di produzione è una posizione superficiale.
Forse le caratteristiche del prodotto sono “totalizzanti” e finiscono per coprire il gusto degli altri ingredienti? O il dilagare di “falsi” ha reso un’immagine bugiarda dell’aceto e la diffidenza ha avuto la meglio? Oppure ancora potremmo pensare che molti cuochi non conoscano o meglio non riconoscano la qualità dell’aceto balsamico che gli viene proposto e di conseguenza risulti più facile evitare di usarlo…
Non vogliono essere illazioni buttate lì per creare ancora più confusione, semplicemente vorrei che questo fantastico prodotto tornasse a brillare anche a casa nostra e non solo oltreoceano.
Solo per citarne un paio, con l’aceto balsamico sono stati creati grandi piatti: Il croccantino di foie gras di Massimo Bottura e Yogurt, more selvatiche e aceto balsamico di Niko Romito; entrambi i piatti ne esaltano la dolcezza e la complessità. Oggi la tendenza del gusto sottolinea maggiormente le note acidule e fruttate, certe declinazioni di balsamico con base di mosto di mela mi hanno impressionato.
Anche se non l’ho mai abbandonato, dal prossimo settembre prometto di riprendere la battaglia per il balsamico, oltre il gelato, oltre la frutta rossa!
La nostra “Parmigiana Reggiana” Melanzane fritte, cipolla macerata in aceto balsamico, ragù di prosciutto.